mercoledì 14 agosto 2013
Casalduni e Pontelandolfo 14 agosto 1861
Il 14 agosto per gli abitanti di Casalduni e Pontelandolfo (e per molti meridionali) è un giorno dalla triste memoria. Sono state scritte tante parole che hanno tentato di condannare, di difendere, di commemorare, di oscurare dei fatti storici dai tragici risvolti (comunque li si voglia leggere). Il dato certo è che quella del risorgimento italiano rimane tuttora una storia negata. Contorta da molti dei suoi carnefici e oscurata alle memoria dei suoi eredi.
Fedele ad un approccio meramente fotografico e scientifico alla storia, voglio ricordare quel giorno attraverso le parole di Mario D'Agostino dedicate a "La reazione borbonica in provincia di Benevento" (Fratelli Conte Editori). Il suo interesse per nulla animato da sentimentalismi e revisionismi, offre una lettura lucida e cronistica di quei fatti.
"All'alba del giorno 14 agosto il maggiore Carlo Melegari entrò in Casalduni alla testa dei suoi uomini. Qui, trovato il paese deserto, diede ordine di incendiare le case dei reazionari, a cominciare da quella del sindaco Luigi Orsini. Solo alcuni malcapitati che non avevano fatto in tempo a fuggire, o non avevano potuto, vennero freddati dai bersaglieri a colpi di fucile. Fu questa la sorte che toccò a Lorenzo d'Urso, al vecchio arciprete e ad un malato che stava tentando di alzarsi dal suo letto. Quella stessa mattina, dopo che la truppa regolare aveva lasciato il paese, vi entrò Achille Iacobelli alla testa di una colonna di guardie nazionali di San Lupo e Guardia Sanframondi, seguita da sette carri. Una parte di questi uomini, pratica dei luoghi, passando dalla porta del giardino, si introdusse nella casa di Giovanni, Giuseppe e Saverio Mazzaccara (quest'ultimo capitano della guardia nazionale di Casalduni) assentatisi dal paese per paura di essere presi di mira dai reazionari. Qui fecero man bassa di gioielli, argenteria, vestiario e denaro per un valore complessivo di circa 3788 ducati e, nell'andar via, incendiarono due fienili situati poco lontano dall'abitazione provocando un ulteriore danno di 350 ducati. Prima di lasciare Casalduni, infine, rubarono anche del grano a Giuseppe Romano per un valore di 85 ducati. Ben più grave fu il bilancio della spedizione punitiva di Pontelandolfo. Qui, quando all'alba del 14 agosto giunsero i soldati del colonnello Negri e gli uomini di De Marco, Cosimo Giordano che si era accampato con la sua banda nei pressi dell'abitato fece sparare solo qualche colpo prima di ordinare la ritirata. Fu così che tutti gli abitanti vennero sorpresi nel sonno (tranne, naturalmente, quelli più compromessi che si erano allontanati per tempo). E fu una vera carneficina. Ben 13 persone, infatti, senza distinzione di sesso e di età, caddero sotto i colpi dei bersaglieri mentre l'intero paese veniva dato alle fiamme, fatta eccezione per le case dei liberali (...) e per la torre medioevale (...) L'episodio, per la verità, destò qualche perplessità anche tra le fila degli stessi piemontesi "... Gli abitanti di questo villaggio - scriveva in quei giorni il sottotenente Gaetano Negri a suo padre - commisero il più nero tradimento e degli atti di mostruosa barbarie; ma la punizione che gli venne inflitta, quantunque meritata, non fu meno barbara".
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